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Vincent: la Pop Art che veste alta moda

di Eleonora Bianchi

Tra gli artisti che compongono la squadra di Art Events Mazzoleni, uno dei più rappresentativi dell’universo pop è sicuramente Vincent. Vincenzo De Cillis all’anagrafe, salentino, classe 1984, si avvicina all’arte sin da giovanissimo, tanto che le sue prime sperimentazioni artistiche risalgono all’infanzia.

Vincent cresce in una famiglia creativa: il padre è professore e commerciante d’arte, antiquariato e arredo design, mentre la madre è insegnante di disegno tecnico. Dai genitori, Vincent acquisisce sia la vena artistica, sia quella che lui stesso definisce “ossessione per la tecnica”. Le sue sono opere complesse, di lenta realizzazione, proprio per via dell’esigenza di adeguare il suo lavoro alla sua personale idea di perfezione e qualità.

Le coincidenze della vita lo portano a seguire un percorso di studi lontano dall’arte e dalla creatività: prima frequenta il liceo scientifico, poi studia giurisprudenza. Ciononostante, Vincent non abbandona mai la sua vocazione, relegata a un semplice hobby, un po’ per colpa degli impegni della vita adulta e un po’ per il timore di fare l’artista di mestiere.

La svolta si ha nel 2020, quando il periodo di lockdown gli permette di dedicarsi all’arte a tempo pieno, inoltre, grazie al successo che il suo lavoro ottiene sui social, Vincent capisce che vivere delle sue opere può diventare la realtà.

Artista inequivocabilmente pop, Vincent combina elementi della cultura di massa, quali sono i personaggi dei fumetti, e marchi di lusso come Louis Vuitton o Gucci. Ne risulta un piacevole accostamento, non solo tra arte e moda, ma anche tra realtà e finzione e, soprattutto, tra il passato e il presente di una generazione, che ieri leggeva fumetti e oggi compra nelle boutique di alta moda.

Il marchio è rigorosamente dipinto su ogni superficie, dalla tela più tradizionale al metallo di taniche, bidoni ed estintori. Questa sua poetica nasce dalla volontà di mettere in contrasto un brand noto con supporti anticonvenzionali: grezzi, industriali, a tutti gli effetti antiartistici.

Contestualmente ai vestiti firmati, Paperon de’ Paperoni, il personaggio prediletto nei dipinti di Vincent, è spesso e volentieri arricchito da banconote, Bitcoin e Swarovski. É proprio in questi particolari che la pop art di Vincent si discosta dalla pop art “tradizionale”, intesa come quella di Andy Warhol: se Warhol portava il prodotto massificato nei musei, Vincent prende un prodotto celebre, a cui la massa aspira, e lo fa indossare a Zio Paperone, soggetto iconico che, invece, è strettamente figlio della cultura di massa.

Un altro soggetto divenuto ormai emblematico nella sua produzione è l’etichetta del famoso champagne Dom Pérignon, oggetto dal valore aspirazionale, programmaticamente esaltato attraverso un processo di ingrandimento, un caso di pop art praticamente da manuale.

La pop art piace a tanti, se non a tutti, da quando è nata. L’idea di sfondare i muri che si ergono tra discipline artistiche, pittura e fumetto in questo caso, viene messa in atto da molti. Tuttavia, in un mondo dove si crede che l’artista abbia superato la necessità di essere tecnicamente abile, l’attenzione e la cura per il dettaglio che si osservano nelle opere di Vincent ci ricordano che la qualità fa sempre la differenza.

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