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Territorializzazione del mare, l’Italia è indietro?

di Marcello Cocco

Avete mai sentito parlare di “territorializzazione del mare”? 

A pensarci, sembra un concetto abbastanza astratto, due parole forzatamente accostate, un ossimoro. Un ossimoro che rappresenta una realtà in cui siamo calati e un obbiettivo concreto da raggiungere. 

La territorializzazione del mare è, infatti, possibile, ma come?

Grazie alle ZEE.

Le ZEE, Zone Economiche Esclusive, sono delle porzioni di mare che si estendono oltre i confini marittimi dello Stato costiero. Consistono, cioè, nell’ampliamento dei margini delle già esistenti acque territoriali, portandole dalle 12 miglia nautiche attuali (circa 22 km) a un tetto massimo di 200 miglia (circa 370 km). Uno spazio enorme. 

Il mare, dunque, viene spartito come se fosse terraferma, ed è per questo che in molti chiamano il fenomeno “territorializzazione del mare”.

Da subito, dunque, si evince l’enorme importanza che possono avere le ZEE: nel tratto di mare racchiuso, lo Stato costiero detiene ed esercita il potere sovrano. Significa innanzitutto assicurarsi una navigazione tranquilla, ampliare il proprio spazio di difesa e allargare l’area d’indagine della polizia italiana, ma anche assicurarsi un corposo incremento del commercio e della produzione economica: lo Stato ha pieno controllo delle risorse ittiche, con seguente espansione del bacino di pesca, e pieno diritto di estrazione delle eventuali risorse, come gas e petrolio, presenti nel territorio; lo Stato potrebbe, inoltre, sfruttare determinate correnti e maree per la produzione di energia elettrica, un tema quanto mai delicato in questo periodo, oltre che prendere decisioni decisive per la salvaguardia della biodiversità e delle specie a rischio.

Tutto questo evidenzia l’importanza capitale delle ZEE, le rende oasi nel deserto: occasioni troppo ghiotte da non lasciarsi sfuggire. 

E infatti anche alcuni fra i principali Stati che si affacciano nel Mediterraneo hanno colto la palla al balzo: la Turchia possiede una ZEE che lambisce le coste delle isole greche (il che genera dissapori non indifferenti con Atene) e quelle libiche, in quanto il Paese africano è dilaniato da una sanguinosa guerra civile e, pertanto, non può attuare alcuna manovra per impedire a Erdogan di fare quello che vuole; all’Italia, però, la pulce nell’orecchio in primis la mette l’Algeria, che nel 2018 ha proclamato una ZEE che pressoché tocca le rive della Sardegna: finché non verrà proclamata la ZEE italiana, gli algerini possono fare tutto ciò che vogliono con risorse che tecnicamente ci apparterrebbero. 

Anche in questo ambito, infatti, l’Italia è indietro, e non solo di qualche passo. 

La possibilità di proclamare una zona economica esclusiva, infatti, esiste addirittura dal 1982, in seguito alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la stessa che ha anche istituito il concetto di “acque internazionali”. Non è del tutto vero, però, che la nostra Nazione non ha mai fatto assolutamente niente per far valere i suoi diritti: nel recentissimo presente, nel 2021, il Parlamento ha votato una legge atta alla proclamazione della nostra Zona Economica, ma essa deve essere istituita dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero degli Esteri.

Significa che tutto è in mano al nuovo Governo, che deve trovare gli accordi necessari con gli altri Stati mediterranei (il Mediterraneo è un mare particolarmente stretto, con tante Nazioni che si affacciano su di esso, ed è pertanto necessario trovare delle valide mediazioni; l’Italia, tuttavia, è già a buon punto con le trattative in quanto mancano all’appello solo pochi Stati) e rendere realtà ciò che, per quaranta lunghi anni, si è trattato di una opportunità mancata. 

1 commento

  • Rossano
    23/10/2022 at 7:16 PM

    Spero che il nostro governo allora si sbrighi!

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