di Ettore Martinez
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. (Art. 1. C.) Un modo serio e -diciamolo pure- intelligente di contrastare il recente richiamo governativo scolastico, per ora soltanto nominale, al “Merito”, avrebbe potuto essere questo: “Bene signori, vi faremo le pulci dimodoché si veda se di vero merito si tratti e non di parole.”
Invece si arriva al grottesco di attaccare il merito. Ma così si continua a far leva sulla demagogia plebea alla quale, nel corso degli ultimi decenni, è stata progressivamente ridotta la nostra Istruzione pubblica. Da tutti i governi.
Con la categoria degli insegnanti penosamente mobilitata per l’ennesima volta contro se stessa. All’insegna di un equivoco che dura ormai da troppo tempo per non sollevare sospetti circa il suo essersi essa stessa seduta dentro la gabbia nella quale è stata ristretta.
Quindi: né dalla tragica esperienza del Covid, né dall’inefficienza
né dalla corruzione dilaganti dappertutto -si è imparato niente.
Mi rivolgo soprattutto a voi, colleghi in servizio. Molti di voi non sono più giovincelli e quando farete i conti più duramente con i vostri bisogni legali, sanitari, condominiali, di sicurezza, ecc. toccherete con mano che cosa hanno significato più di vent’anni di Scuola “allegra” e di generale affossamento del merito e della responsabilità. Nonché di corruzione.
Il che in soldoni significa -dato che siete piuttosto lenti a capire- che in sala operatoria a mettermi il bisturi addosso preferisco ci sia il chirurgo più bravo, cioè meritevole, e non quello che è stato lasciato dalla fidanzata, è in crisi esistenziale oppure vanta parentele o amicizie politiche importanti.