di Ettore Martinez
Maurizio Avola è un killer mafioso. Ha ucciso circa un’ottantina di persone.
Questo libro si apre con una sua breve introduzione che ci lascia francamente e, prevedibilmente, sgomenti davanti alla sua psicologia, sicuramente contorta per il nostro modo di pensare e sentire.
Quello che però colpisce forse anche di più, in questo libro, è come Santoro, sin dall’incipit, metta al centro il proprio dramma di importante conduttore televisivo, a un certo punto fatto fuori dalla RAI e dalla TV. Ancora stupefatto della sua stessa non-reazione al siluramento e all’oblìo, si sente un uomo con l’identità in frantumi.
Parecchi anni fa un Pippo Baudo ormai in procinto di tramontare dopo una lunga stagione alla RAI, confessava onestamente che, per quanto dicesse e facesse, restava sempre stregato da e desideroso di quella lucina accesa che significava: in onda.
Il libro è tutto da leggere, ancora, ma nella quarta di copertina di dice che l’incontro fra il killer mafioso e il giornalista che “con le sue inchieste ha raccontato trent’anni di storia italiana -” sradicherà le certezze dell’uno (Santoro) e porterà alla luce le verità nascoste dell’altro”.
Il libro è tutto da leggere, sì, ma mi viene in mente la canzone dei Beatles scritta da George Harrison, “I me mine”.