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L’immagine al potere

Di Ettore Martinez

«Si può facilmente comprendere come la cultura dei consumi sia sostanzialmente “una cultura della comunicazione visuale” per la quale il fattore immagine, la “presentazione di sé diviene importante non solo nei rapporti interpersonali di tipo familiare, amicale o sentimentale, ma anche (e forse più) negli spazi pubblici anonimi” (M. Canevacci, 1987)»

In Eleonora Ricciardo, “Modernizzazione e frammentazione sociale”, “L’Ermete” Luglio 1990.

Quando la Ricciardo scrive queste cose siamo ancora nell’era pre-Social. Riassumendo il pensiero di Canevacci, infatti, ne riporta il concetto di “signflation”, cioè di «superprolificazione di segni e di simboli» che trovano nel corpo il loro “luogo d’elezione e di comunicazione per eccellenza”. Per questa ragione il corpo deve caricarsi di una quantità di consumi inutili. Che, secondo Giovanni Jervis (1987), fanno sì che del corpo ci si occupi ormai sempre più come “fattore di scambio”, cercando di apparire il più possibile snelli, giovani e sani.

Questa analisi, che nelle sue linee di fondo ci pare sempre più attuale, ci sembra però che debba essere aggiornata. I Social hanno in gran parte smaterializzato il corpo e parte dei consumi che vengono esibiti. Non è necessario che io abbia a che fare fisicamente con la tale persona: può restare anche per sempre un contatto virtuale. Allo stesso modo, le immagini che metto in circolazione per mostrarmi agli altri, a cominciare da quelle relative al mio stesso aspetto fisico, possono benissimo non corrispondere o corrispondere solo in parte alla realtà della mia condizione.
Sembra peraltro che ci si stia un po’ adattando a questo parallelismo del virtuale. La gente lo trova normale. C’è da dire però che, come ho già sottolineato altre volte, noi non siamo solo vista. Sicuramente, per non parlare di Platone e altri, aveva ragione Leonardo Da Vinci a considerarla il più nobile dei nostri sensi. Ma noi siamo fatti anche di udito, olfatto, tatto e gusto. La percezione di una persona reale è sempre ben altra cosa dalle immagini che ne possiamo avere.

Può succedere come a quel mio amico che cominciò a sospettare di certe inquadrature sempre mirate e particolari di una sua ammiratrice. Il resto della storia ricostruitelo voi.
(E.M.)

[Immagine: “Lanterna verde”, di Christopher Moeller]

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