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La Sardegna proiettata verso il mondo, perché no?

di Nicola Montisci
Il compito più arduo per chi fa comunicazione, intrattenimento e turismo è rendere la Sardegna accessibile e comunicabile all’esterno, appetibile anche ai viaggiatori e a chi vorrebbe venirci ad abitare.
Troppi aspetti sono legati esclusivamente a chi ci abita e spesso la narrazione non riesce a togliersi quel suo essere autoreferenziale, folklorica e da macchietta, quella chiusura nei confronti del resto, quella indecifrabilità a chi non è del luogo, quel volare basso e non pensare mai alla Sardegna proiettata verso il mondo.

Che noi siamo belli, speciali, unici, migliori, lo sappiamo da tempo, ce lo diciamo e ripetiamo, ma non interessa a nessuno. Che abbiamo le spiagge più belle e il sole e il mare interessa relativamente. Il mondo corre e il turismo si gioca su mille fronti.

Interessano semmai che quelle caratteristiche positive naturali che possiamo offrire – clima, natura, gusto, paesaggi, lentezza – e che sarebbe importante che vengano trasmesse e raccontate in maniera nuova in modo fa essere attrattive.
Invece no, tendiamo a chiudere tutto e a continuare a guardarci allo specchio raccontandoci la favola che sia tutta colpa degli altri, che siamo incompresi, che il meglio sta solo da noi. Come se non esistesse un mondo con cui, invece, dialogare, crescere e aver a che fare, con cui confrontarsi con il proprio patrimonio e le proprie qualità, invece che vederlo come ostile e pensare di essere un’enclave e guai a metterci in discussione.
A quel punto, si pone un dubbio: siamo sicuri di noi stessi? Siamo sicuri di essere così speciali? Perché questo gonfiare il petto di continuo su ogni vicenda potrebbe raccontare un’altra storia. Una storia di paura del confronto e di intrinseca sensazione di inferiorità.
Quando viaggio mi accorgo che ci sono tanti paesi e località – qui in Spagna ma potrei dire anche in Portogallo – che sono godibili anche da chi non ci abita. Tutto è facile, curato e organizzato. Gli eventi si rivolgono anche ai turisti. Apprendi da subito come tutto funziona. Ti senti sempre a casa. Da noi è lo stesso?
In questo processo di dialogo e apertura non si perdono i propri valori e le proprie identità – come ci insegnano quelli che lavorano meglio di noi, e son tanti – ma si rendono ancora più patrimonio di tutti.
Da chi deve partire questa nuova onda? Dalla politica certamente, ma anche da imprese e cittadini. Dal modo di comunicare e di fare. Dalle parole che si usano. Dall’istruzione e dalla cultura. Dico anche dalla satira.
Non essere più padroni a casa nostra con quell’inutile tiritera di orgoglio, ma semplicemente sardi e cittadini del mondo. Con convinzione e con amore.

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