Di Ettore Martinez
Remo Bodei (“Logica inconscia e soggettività in Hegel”, 1993)
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (“Scienza della Logica”, 1981)
«la filosofia costituisce un antidoto contro il *fast food* ammannito dai mezzi di comunicazione di massa» [Remo Bodei, “Una scintilla di fuoco”, 2005]
Secondo Hegel, la Logica rende liberi.
Se dicessi questa frase a un gruppo di persone che hanno tutte studiato un minimo di Filosofia si metterebbero senz’altro subito a ridere. “Bella forza!” -potrebbe commentare qualcuno.
Non starò qui a dire perché, non ora: passiamo piuttosto alla frase in sé e al cuore del discorso.
Secondo Hegel tutti pensiamo inconsciamente secondo logica. Quando però impariamo la logica, diventiamo liberi. La logica è libertà.
Ma quando mai!? Verrebbe sùbito da pensare a quanta costrizione, tranne che per quelli che ci sono “portati”, è invece implicita nel suo studio.
Come pure -aggiungiamo noi- in quello della Grammatica e della Sintassi. Che pure, se non ci rendono proprio liberi/liberi, per lo meno ci rendono meno manipolabili. Meno servi. Perché?
Lo studio della Logica porta infatti ad appropriarsi delle Categorie e delle regole del ragionamento, staccando il pensiero dalla sua base istintuale e dalle rappresentazioni.
Il fatto è che in tanti credono invece che si sia più liberi pensando in maniera associativa, non logico-linguistica, e variamente “contaminata”. Ovviamente per loro la Scuola ci si deve adeguare sempre di più.
Il rischio, intanto, è anche e soprattutto quello di non riuscire a trasmettere agli altri qualcosa di così fluido e magmatico che resta prigioniero nella nostra mente e nel nostro corpo.
Rimanendo così sul piano del puro soggettivismo.
Senza contare l’altro rischio: quello di restare fermi a un “qui e ora” smemorato, dove c’è un “questo” che non è neanche possibile definire e del quale neanche possiamo parlare.
La Logica dunque, per Hegel, è una “Rekonstruktion”, una ricostruzione del pensiero inconscio, del pensiero di tutti i giorni. Questo pensiero alla mano viene così portato a consapevolezza, insieme alla vera e propria rete dei pensieri, attraverso i suoi nodi. Più consapevolezza, più libertà. La consapevolezza costa sempre fatica. Tanta.
Padroneggiando così i concetti puri, per Hegel, siamo meno dipendenti dall’inconsapevolezza e dai condizionamenti. Potremmo dire che così pensiamo e parliamo meglio e veniamo molto meno “parlati”.
Siamo cioè meglio in grado di formulare correttamente dei giudizi. Il che significa innanzitutto -anche se i più associano questo termine alla Morale- attribuire un predicato ad un soggetto.
[Fra parentesi il nostro pensiero, ci piaccia o meno, è sempre “giudicante”, per lo meno quando si esprime linguisticamente.]
“Non si tratta infatti di legare il pensiero puro alla rappresentazione, quanto, al contrario, di staccarlo da essa”
(Remo Bodei).
Il grande vantaggio del sistema alfabetico di scrittura è infatti proprio quello di essere libero dalla rappresentazione visiva, di essere estremamente semplice e di potere dare luogo a infinite combinazioni. Diciamo allora che è “ergonomico” e infinitamente più democratico di un sistema ideografico.
Forse che vogliamo dire che l’apprendimento deve limitarsi al pensiero concettuale?
Certo che no. Vanno potenziate tutte le modalità di apprendimento e tutte le tecnologie didattiche appropriate. L’apprendimento è ricco, proteiforme: è un flusso di coscienza.
Ma in cabina di regia, a dirigere e controllare, vigile, a concettualizzare, ci deve essere sempre lui, il Logos. Quel terribile e insieme venerando vecchio vestito da greco, con la barba e le spalle belle larghe di chi frequenta la palestra.
E quindi, a Scuola, occorre studiare bene le discipline strutturanti, concettuali, anziché inseguire gli input dissipanti delle ventate inconsce. A Scuola stiamo distruggendo un patrimonio di secoli e millenni. Inconsapevolmente.
Logos (λόγος), in Italiano significa: linguaggio articolato; discorso; ragione; calcolo; formula. [Mario Vegetti]
” … il sostantivo *logos* e il verbo *leghein* hanno … originariamente la stessa radice, molto umile, del nostro «legume», fanno cioè riferimento a ciò che si raccoglie e si ordina secondo precisi criteri. ” [Remo Bodei]
Non siamo obbligati -ci mancherebbe- a essere hegeliani, per condividere queste osservazioni. Che riprendo, personalizzandole in senso più pedagogico, da Remo Bodei (“Logica inconscia e soggettività in Hegel”, 1993).
Salviamo la Cultura: salviamo il Logos nella Scuola.