di Eleonora Bianchi
Una vera e propria mosca bianca tra gli artisti di ArtEvents Mazzoleni, Giuseppe Amadio (Todi, 1944) si distacca dal mondo pop a cui siamo abituati nella galleria di Mario Mazzoleni, per portarci in una dimensione atemporale, fatta di tensioni e dis-tensioni che si allontanano dalle mode esageratamente colorate, per avvicinarsi alla Storia dell’Arte propriamente detta.
La scia lunga del secolo breve è estremamente presente nelle Estroflessioni di Amadio. Dal Color Field Painting, l’artista mutua il linguaggio della monocromia, dal Minimalismo, il rigore, e dallo Spazialismo, il superamento della bidimensionalità in pittura.
Poste le premesse, Amadio sviluppa un linguaggio assolutamente personale e indipendente dalle correnti che lo hanno formato. Nello specifico: la monocromia non ingabbia né appiattisce il colore, che anzi diventa luce, diventa ombra, si fa corpo vivo ed espressione dell’evidente volontà dell’artista di plasmare lo spazio e il tempo, attraverso vibrazioni, impunture e interruzioni ritmiche dell’uniformità della tela. Il rigore formale, poi, non rimane fine a se stesso, ma si trasforma in lirica permettendo a Giuseppe Amadio di flettere ed estro-flettere i confini dell’Arte.
La superficie pittorica, relegata da secoli all’essere mero supporto, trova la sua rivincita nell’opera di Amadio. Chirurgico, netto, essenziale. La sua interazione con la tela non è violenta, non ci sono lacerazioni, il suo linguaggio è forse più vicino, mi si permetta la blasfemia, a quello della performance, del mettere alla prova il corpo – in questo caso la tela – fino ai limiti della tolleranza, fino alla massima tensione, fino a che la tela non sembra neanche più tale.
Figlio di una storia che si rinnova in continuazione, Giuseppe Amadio si configura come un vero e proprio ponte tra il passato di una gloriosa generazione di Spazialisti: Castellani, Fontana, Bonalumi; un presente in cui la superficie continua ad essere indagata dagli artisti e, sicuramente, un futuro, in quanto testimone di un lessico che non ha, ad oggi, esaurito il suo messaggio.
Collaborò per circa vent’anni con Pietro Dorazio, il quale ne scrisse: “Giuseppe Amadio sta facendo la sua parte, come artista, riproponendo un concetto storico sapientemente trasformato proprio per rispettare la ormai consolidata validità di quelle ricerche che la storia dell’arte ha confermato.” L’abilità di Amadio si trova proprio in questo: si rivela capace, nonostante un linguaggio caratterizzato dalla ripetizione, di non rimanere incastrato nel cliché di un artista arrivato, ma di dedicarsi costantemente alla ricerca del Nuovo e dell’Assoluto.