Cosa è cambiato con la Brexit? - vere.news vere.news

Cosa è cambiato con la Brexit?

di Cesare Giombetti

Una domanda posta spesso agli emigrati nel Regno Unito è: “ma adesso, con Brexit, cosa è cambiato per voi?”.

Una risposta veloce e che sintetizza la situazione attuale è: “in particolare per noi, già emigrati da tempo, praticamente nulla, salvo qualche scocciatura burocratica in più, ma, se qualcosa è cambiato, questo vale per tutti i residenti nel Regno Unito, cittadini o non).

E cosa è cambiato dunque? Un’altra risposta veloce è che nessuno lo sa, di preciso. 

Ma andiamo per gradi.

Per gli emigrati da tempo non è cambiato praticamente nulla, perché, richiesto e ottenuto lo status della Residenza permanente (che è uno status speciale, perché in questo paese non esiste il concetto di residenza certificata, di norma, e questa deve essere provata di volta in volta, ma magari questo sarà l’oggetto di un’altra puntata), si è trattati – giustamente – nello stesso modo in cui si era trattati prima.

Cambia – e tanto – per chi volesse emigrare oggi da uno dei paesi dell’Unione Europea. Mentre prima c’era la libera circolazione delle persone, oggi, se vuoi stare, devi avere dei requisiti minimi. E quali sono? Nel sito del Governo troverete tutte le informazioni, inclusi i casi speciali, e riguardanti sia lavoro che studio. https://www.gov.uk/guidance/the-uks-points-based-immigration-system-information-for-eu-citizens.it A parte le eccezioni (come quella per il Sistema Sanitario Nazionale – NHS, che probabilmente nel tempo diverranno sempre di più, per permettere di uscire da questo stallo che non fa bene a nessuno, ma mantenendo la facciata della garanzia del controllo sull’immigrazione), il caso più frequente è quello del Visto per Lavoratori qualificati (Skilled Worker visa)

“Per essere idoneo/a al percorso per lavoratori qualificati, è necessario dimostrare che:

  • hai un’offerta di lavoro da uno sponsor autorizzato dall’Home Office (Home Office-licensed sponsor) al livello di competenza richiesto
  • ti verrà pagata la soglia di stipendio minimo pertinente dal tuo sponsor (normalmente £ 25.600 o la tariffa corrente per quel particolare lavoro, a seconda di quale sia più alta)
  • sai parlare inglese a livello intermedio B1 (secondo il quadro comune europeo di riferimento per le lingue)”

Il punto fondamentale è che un minimo di £ 25.600 annui lordi è una cifra molto alta per un lavoro di partenza. A Londra, dove il costo della vita è molto alto, per un lavoro da cameriere per esempio, si possono guadagnare queste cifre come paga di partenza, ma spesso si parte da cifre più basse ( vedi https://www.glassdoor.co.uk/Salaries/london-waiter-salary-SRCH_IL.0,6_IM1035_KO7,13.htm ), e nel resto del Regno Unito si parla di cifre ancora più basse ( https://www.glassdoor.co.uk/Salaries/leeds-waiter-salary-SRCH_IL.0,5_IM1172_KO6,12.htm?clickSource=searchBtn ). Questo rende impossibile in pratica emigrare come ha fatto la stragrande maggioranza degli italiani, spagnoli, greci ecc. fino a oggi, partendo da un lavoro non qualificato (spesso il cameriere appunto). E dunque taglia fuori la quasi totalità degli emigranti in cerca di lavoro. Il risultato di questa operazione è già da tempo la carenza di questo tipo di personale, e in prospettiva il numero dei posti non occupati sarà sempre maggiore. In maniera propagandistica il Governo aveva detto che questi posti sarebbero stati presi dai pochissimi britannici disoccupati, ma appunto era propaganda, perché si tratta di un paese a occupazione quasi completa e i pochissimi che non lavorano spesso non possono farlo per problemi mentali o simili e altri sono disoccupati temporanei che avrebbero trovato comunque lavoro dopo un po’.

Quale consiglio dare a chi volesse comunque emigrare e proprio nel regno Unito nonostante questi ostacoli? Nulla vieta di partire da turisti e passare un periodo nel Regno Unito. Però più di prima servono risorse (soldi) per partire se si ambisce a restare, proprio perché è più difficile trovare un lavoro che risponda ai criteri. Non è impossibile, si può contrattare e più i datori di lavoro avranno bisogno e più ci sarà margine di contrattazione. È più difficile rispetto a un tempo e magari ci vorrà più tempo, ma non è affatto impossibile. I datori di lavoro conoscono bene la situazione e sanno che il personale straniero ha un’attitudine al lavoro sinora riconosciuta come particolarmente eccezionale rispetto a quella dei britannici. Dunque, se trovano una persona motivata, potrebbero offrire l’importo minimo necessario. Chiaramente le aziende devono essere registrate qui ( https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1100515/2022-08-26_-_Worker_and_Temporary_Worker.csv/preview ) per poter assumere e dunque un consiglio correlato è quello di partire da questo elenco. Le aziende qui registrate sanno benissimo come funziona e non dovrebbero offrire condizioni diverse da quelle minime per l’immigrazione. Inoltre, se si sono registrate, molto probabilmente è perché hanno bisogno di lavoratori europei.

Un paradosso positivo è dunque che è sì più difficile diventare del lavoratori europei nel Regno Unito oggi, ma che, se ci si riesce, si parte molto avvantaggiati in termini economici rispetto a chi è partito prima.

I visti sono poi a tempo e da rinnovare, come vale per i cittadini dei paesi non europei, ma nulla vieta di chiedere la cittadinanza a un certo punto, che nel Regno Unito non è affatto difficile da ottenere (ma ha un costo – vedi https://www.gov.uk/government/publications/fees-for-citizenship-applications/fees-for-citizenship-applications-and-the-right-of-abode-from-6-april-2018 ).

Dicevamo prima che qualcosa (almeno) è cambiato per tutti i residenti, perché, come si paventava, Brexit ha avuto un effetto negativo sull’economia. Inoltre ci sono conseguenze burocratiche per viaggiare, ma in questo caso solo per i cittadini britannici e non per gli europei. La Spagna chiede ai britannici per esempio tre documenti per viaggiare verso la penisola iberica, incluso un minimo di soldi in banca. O ancora, il peggio è per quelli che qui si chiamano “expat”, ovvero  gli emigrati. È sempre più complicato fare quello che chi poteva faceva fino a ieri, ovvero emigrare in Francia, Spagna, Italia, dopo la pensione. Le banche britanniche per esempio stanno chiudendo dei conti di residenti britannici all’estero. Ma, tornando all’economia e ai problemi dunque di tutti i residenti sul suolo britannico, è abbastanza chiaro, soprattutto per chi lavora con importazioni ed esportazioni (ovvero moltissime delle aziende), l’aumento di complicazioni burocratiche (e dunque altro personale da assumere), dei costi di trasporto e importazione, dei costi e delle complicazioni per i clienti europei (e dunque fatturato che si perde). Di questo qui nel Regno Unito si parla poco perché si parla poco e niente di politica e questo non aiuta a capire un errore palese e che logicamente non avrebbe potuto portare niente di positivo.  

Il Governo britannico però riesce a far digerire il tutto grazie a una certa dose di propaganda e un po’ di fortuna nella sfortuna. Perché tra CoVid, guerre e altre emergenze,    il popolo è ancora più confuso e capisce ancor meno quanta parte dell’inflazione galoppante (previsto il 22% a gennaio prossimo!) e della recessione sia stata causata dalla Brexit e quanta dalle altre disgrazie in corso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *